Giacometti e il cane (A2/B1)

Il primo caso del Professore Giacometti!

Wir bedanken uns ganz herzlich bei der Autorin Roberta Gregorio und beim Verleger Julius Wolff für die Erlaubnis die erste Geschichte des Buchs  inklusive Übersetzung hier für euch zur Verfügung zu stellen.

Giacometti e il cane

Dal libro: Il professore Giacometti indaga a Roccabella

È una giornata meravigliosa e calda. Oggi il Professore Giacometti si è alzato presto per annaffiare le verdure che crescono nell’orto dietro casa. Pomodori, zucchine, melanzane, cetrioli e peperoni. Anche quando non deve annaffiare le verdure si alza presto, all’alba. La verità è che non dorme bene. Troppi pensieri …

Da quando è in pensione e non va più a scuola per insegnare italiano, la sua testa si riempie di tante domande. Perciò si dedica al giardinaggio, ma gli piace anche cucinare. E si vede. Il Professore Giacometti ha una grossa pancia, e dice sempre che dimagrire è impossibile. Ama il buon cibo con un bicchiere di vino rosso. Il suo vino preferito è il Barolo, con il suo gusto pieno e robusto, e il suo piatto preferito è la pasta al sugo, fatto con i pomodori del suo orto che lui raccoglie ad agosto. Poi ne fa delle conserve per avere sugo tutto l’anno.

Giacometti ha l’acquolina in bocca quando pensa alla pasta al sugo. Fa molto caldo e suda. Allora si alza il cappello dalla testa e si asciuga il sudore dalla fronte. Dall’orto di Giacometti si vede la strada che porta al paese Roccabella. La strada è stretta e tortuosa, come tutte le strade a Roccabella. Il paese è piccolo e si trova nell’entroterra campano su una collina molto bella. Roccabella non ha molti abitanti e Giacometti li conosce tutti. Perciò Giacometti si meraviglia quando vede un grandissimo cane nero sulla strada, e si chiede di chi sia, ma continua ad annaffiare.

Un’ora dopo, quando Giacometti ha finito di fare giardinaggio, lascia l’orto e va a casa. Davanti alla sua porta d’ingresso, però, c’è il cane nero che dorme al sole. Il pelo è lucido e lungo.  

«Buongiorno!», dice Giacometti, «Cosa ci fai tu qui?», chiede, ma poi pensa che dal cane non avrà risposta. Giacometti gli accarezza la testa e il cane apre gli occhi. Ha un collare blu. Giacometti cerca una medaglietta, ma non ne trova. Entra in casa per prendere una ciotola con dell’acqua fresca. Il cane lo aspetta fuori e appena vede l’acqua inizia a bere. Il rumore che fa il cane è divertente. Slurp-slurp.

Giacometti guarda l’orologio, sono le dieci. Decide allora di fare una breve doccia e di accompagnare il cane dai carabinieri. Forse qualcuno lo cerca.

Poco dopo Giacometti è pronto per andare in paese, dove si trova anche la Caserma dei Carabinieri, poco distante dalla piazza. Giacometti non ha una macchina, bensì una Vespa rossa. Lui mette un guinzaglio improvvisato al cane e indossa il casco. Dopo parte lentamente con il cane a guinzaglio. Solo pochi minuti più tardi Giacometti raggiunge la piazza di Roccabella. Parcheggia la Vespa e saluta i suoi amici che sono tutti seduti al sole davanti al bar. Giocano a carte e chiedono a Giacometti di avvicinarsi. Gli amici lo chiamano ancora Professore.

«Professore, il cane appartiene a te?»
«No, l’ho trovato, o meglio, lui ha trovato me.»
«Dove lo porti?»
«Dai carabinieri. Mi aiuteranno a trovare il padrone.»
Gli amici si guardano e ridono. «In bocca al lupo.»
Giacometti annuisce, perché sa che con i carabinieri di Roccabella si deve avere tanta fortuna, ma anche moltissima pazienza. Gli uomini in uniforme di Roccabella non sono molto veloci quando devono risolvere dei casi. Giacometti va comunque, perché pensa che sia il loro dovere aiutarlo. Allora attraversa la piazza con il cane e si reca alla Caserma, che si trova di fronte al Comune. La porta d’ingresso del Comune è spalancata e Giacometti vede Marta, l’impiegata dell’ufficio anagrafe. La chiama e la saluta: si conoscono, come si conoscono tutti gli abitanti di Roccabella. Marta si alza e viene alla porta.
«Questo cane è meraviglioso. Dove l’hai preso?», chiede Marta.
«Non è mio, l’ho trovato, o meglio, lui ha trovato me.» Giacometti nota che ripete sempre la stessa frase, ma non gli viene in mente come spiegare diversamente.

Marta accarezza il cane che le lecca la mano. È davvero un cane buono e Giacometti pensa che sia stato educato molto bene dal padrone o dalla padrona.
«Perché non lo tieni tu?»
«Se non lo cerca nessuno, può rimanere da me.»
Marta annuisce, poi guarda Giacometti. «Nessuno dovrebbe essere solo.»

Giacometti tossisce, è imbarazzato. Sa che Marta vuole uscire con lui, ma lui non è pronto. Marta è una donna elegante e molto bella, mentre lui è solo un Professore in pensione. Con una grossa pancia. 

Forse Marta riesce a leggere i suoi pensieri, perché gli chiede direttamente: «Quando ci vediamo per la pizza che mi hai promesso?»
Il Professore balbetta, dice qualcosa come: «Domani». Subito dopo si rende conto di quello che ha detto, ma è troppo tardi, perché Marta gli sorride felice.
«Va bene. Ti vengo a prendere domani», annuncia lei e se ne torna in Comune. 

Giacometti si sente un po’ frastornato, ma poi gli viene in mente il cane nero, che ha al guinzaglio, e prosegue per la Caserma.

Prima di entrare, Giacometti deve suonare al cancello.
«Sì, carabinieri?»
«Buongiorno, sono Giacomo Giacometti. Devo parlare col Maresciallo.»
«Va bene. Entri pure.»
I carabinieri aprono il cancello e la porta d’ingresso e poi Giacometti deve salire la scala. Uno, due, tre … sette, otto, nove, dieci, undici … sedici, diciassette scalini. Giacometti raggiunge il primo piano senza fiato. È la pancia che lo frena. Lui sa che deve dimagrire, ma pasta, pizza, tiramisù sono la sua passione. Non può vivere senza, è impossibile.

Finalmente Giacometti entra negli uffici dei carabinieri, dove viene accolto da un giovane in divisa. Giacometti sa che si chiama Marco. Viene dalla Toscana e ha un accento un po’ buffo.
«Buongiorno, Professore. I cani qui non possono entrare!», dice Marco.
«Sì, ma io sono venuto per trovare il padrone del cane. Mi faccia parlare col Maresciallo Esposito!»
«Il Maresciallo è impegnato.»
«Va bene. Io aspetterò.» Il cane nero si distende sul pavimento, come se avesse capito.
Marco sembra infastidito, ma continua a fare il suo lavoro, come se Giacometti e il cane non ci fossero.

Dopo un quarto d’ora di attesa, che costa immensa pazienza a Giacometti, finalmente il Maresciallo esce dal suo ufficio privato e lo chiama.

Stranamente reagisce per primo il cane. Si alza in fretta e va incontro al Maresciallo. In modo amorevole il cane alza la sua grande testa e la appoggia sulla pancia dell’uomo per essere accarezzato.
«Nerone!», esclama il Maresciallo Esposito. «Che ci fai qui?»
Giacometti inizia a capire. Nerone è il cane del Maresciallo.
«Era disteso al sole davanti casa mia», spiega Giacometti.
«Nerone deve essere scappato. Ma come è possibile? Forse non ho chiuso la porta stamattina. Sono felice che Lei lo abbia portato qui», dice Esposito.
Giacometti ed Esposito non sono grandi amici. Si sopportano appena. Il Maresciallo sostiene che Giacometti lo disturbi troppo spesso con delle piccolezze che gli rubano solo tempo e Giacometti è convinto che un Carabiniere debba essere disposto ad aiutare sempre, anche quando si tratta di piccolezze. Questa differenza di opinioni li fa scontrare spesso, anzi, spessissimo. Tuttavia, in questa occasione, Esposito non esita a dare la mano a Giacometti con gratitudine. Giacometti spera che in futuro andranno più d’accordo.

«Nerone è il mio nuovo amico. L’ho adottato un paio di settimane fa», racconta il Maresciallo.
Il cane abbaia, come se avesse capito ogni parola.
Giacometti è un po’ commosso, perché non si aspettava un gesto così gentile da parte del Maresciallo.
«È un bel cane davvero», dice Giacometti e poi saluta e va via.

Giacometti dalla Caserma va direttamente al bar. Ordina un caffè e si siede vicino ai suoi amici al sole.
«Allora, dov’è il cane nero?», chiedono gli amici.
«Ho trovato il padrone», risponde Giacometti.
«Come ci sei riuscito?», vogliono sapere.
«La soluzione si trova spesso davanti agli occhi», spiega e usa la sua frase preferita. 

Filippo, il barista, viene e gli porta il suo caffè, che ha un profumo molto aromatico e invitante. Giacometti prende la bustina di zucchero, la strappa e versa il contenuto nel caffè, poi col cucchiaino lo gira. Beve il primo sorso e chiude gli occhi. Buonissimo!

«Allora, Professore, vuoi fare una partita a carte con noi?», chiedono i suoi amici.
Giacometti fa spallucce. «Perché no?»
Un suo amico, Domenico, mischia le carte e poi le distribuisce. Ma appena vogliono iniziare a giocare, Marta viene dal Comune per prendere qualcosa al bar, durante la sua pausa.
«A che ora passo a prenderti?», chiede Marta, mentre passa accanto a lui.
Giacometti arrossisce, vorrebbe nascondere la sua faccia ma è troppo tardi. Già sente lo sguardo divertito dei suoi amici. E intanto Marta aspetta ancora una risposta.
«Alle sette?», risponde Giacometti con voce stridula.
«Va bene, a domani!», dice Marta ed entra nel bar.
I suoi amici ridono e si danno le gomitate, prima di iniziare a sfotterlo.
«La bella Marta ti ha finalmente conquistato?», vogliono sapere gli amici.
Giacometti alza le braccia al cielo. «Datemi le carte, dai!»
Poi giocano e li batte tutti e ben presto la bella Marta non è più l’argomento principale per i suoi amici.

Übersetzung

Es ist ein wunderbarer und warmer Tag. Heute ist der Professor Giacometti früh aufgestanden, um das Gemüse zu gießen, das im Beet hinter dem Haus wächst. Tomaten, Zucchini, Auberginen, Gurken und Paprika. Auch wenn er das Gemüse nicht gießen muss, steht er früh auf, bei Morgengrauen. Die Wahrheit ist, dass er nicht gut schläft. Zu viele Gedanken…

Seit er in Rente ist und nicht mehr zur Schule geht, um Italienisch zu unterrichten, füllt sich sein Kopf mit vielen Fragen. Deshalb widmet er sich der Gartenarbeit, aber er mag es auch zu kochen. Und das sieht man. Der Professor Giacometti hat einen dicken Bauch, und er sagt immer, dass Abnehmen unmöglich ist. Er liebt gutes Essen mit einem Glas Rotwein. Sein Lieblingswein ist der Barolo mit seinem vollen und robusten Geschmack, und sein Lieblingsgericht sind Nudeln mit Soße, hergestellt mit Tomaten aus seinem Beet, die er im August erntet. Dann macht er Konserven daraus, um das ganze Jahr über Soße zu haben. 

Giacometti läuft das Wasser im Mund zusammen, wenn er an Nudeln mit Soße denkt. Es ist sehr warm und er schwitzt. Also hebt er den Hut vom Kopf und trocknet sich den Schweiß von der Stirn. Von Giacomettis Beet aus sieht man die Straße, die zum Ort Roccabella führt. Die Straße ist eng und kurvenreich wie alle Straßen in Roccabella. Der Ort ist klein und befindet sich im kampanischen Inland auf einem sehr schönen Hügel. Roccabella hat nicht viele Einwohner und Giacometti kennt sie alle. Deshalb wundert sich Giacometti, als er einen sehr großen schwarzen Hund auf der Straße sieht, und er fragt sich, wem er gehört, aber er gießt weiter.  

Eine Stunde später, als Giacometti mit der Gartenarbeit fertig ist, verlässt er das Beet und geht ins Haus. Vor seiner Eingangstür ist jedoch der schwarze Hund, der in der Sonne schläft. Das Fell ist glänzend und lang.   

»Guten Tag!«, sagt Giacometti, »Was machst du hier?«, fragt er, aber dann denkt er, dass er vom Hund keine Antwort bekommen wird. 

Giacometti streichelt dessen Kopf, und der Hund öffnet die Augen. Er hat ein blaues Halsband. Giacometti sucht eine Hundemarke, aber er findet keine. Er geht ins Haus, um einen Napf mit frischem Wasser zu holen. Der Hund wartet draußen auf ihn und sobald er das Wasser sieht, beginnt er zu trinken. Das Geräusch, das der Hund dabei macht, ist lustig. Schlürf-schlürf. 

Giacometti schaut auf die Uhr, es ist zehn Uhr. Er beschließt also, kurz zu duschen und den Hund zu den Carabinieri zu bringen. Vielleicht sucht ihn jemand.

Wenig später ist Giacometti fertig, um in den Ort zu gehen, wo sich auch die Kaserne der Carabinieri befindet, nicht weit entfernt von der Piazza. Giacometti hat kein Auto, sondern eine rote Vespa. Er bindet den Hund an eine improvisierte Leine und setzt den Helm auf. Dann fährt er langsam mit dem Hund an der Leine los. Nur wenige Minuten später erreicht Giacometti die Piazza von Roccabella. Er parkt die Vespa und grüßt seine Freunde, die alle in der Sonne vor der Bar sitzen. Sie spielen Karten und bitten Giacometti näherzukommen. Die Freunde sagen noch Professor zu ihm.
»Professor, gehört der Hund dir?«
»Nein, ich habe ihn gefunden, oder besser gesagt, er hat mich gefunden.«
»Wohin bringst du ihn?«
»Zu den Carabinieri. Sie werden mir helfen, das Herrchen zu finden.«
Die Freunde sehen sich an und lachen. »Viel Glück!«
Giacometti nickt, weil er weiß, dass man mit den Carabinieri von Roccabella viel Glück, aber auch sehr viel Geduld haben muss. Die uniformierten Männer von Roccabella sind nicht sehr schnell, wenn sie Fälle lösen müssen. Giacometti geht trotzdem, weil er denkt, dass es deren Pflicht ist, ihm zu helfen. 

Also überquert er die Piazza mit dem Hund und begibt sich zur Kaserne, die sich gegenüber dem Rathaus befindet. Die Eingangstür des Rathauses steht weit offen und Giacometti sieht Marta, die Beamtin des Einwohnermeldeamts. Er ruft und grüßt sie, sie kennen sich, wie sich alle Einwohner von Roccabella kennen. Marta steht auf und kommt an die Tür.
»Dieser Hund ist wunderbar. Wo hast du ihn her?«, fragt Marta.
»Er gehört mir nicht, ich habe ihn gefunden, oder besser gesagt, er hat mich gefunden.« Giacometti merkt, dass er immer denselben Satz wiederholt, aber ihm fällt nicht ein, wie er es anders erklären könnte.
Marta streichelt den Hund, der ihr die Hand ableckt. Es ist wirklich ein guter Hund und Giacometti denkt, dass er sehr gut vom Herrchen oder vom Frauchen erzogen worden ist.
»Warum behältst du ihn nicht?«
»Falls ihn niemand sucht, kann er bei mir bleiben.«
Marta nickt, dann sieht sie Giacometti an. »Niemand sollte allein sein.«
Giacometti hustet, er ist verlegen. Er weiß, dass Marta mit ihm ausgehen möchte, aber er ist nicht bereit. Marta ist eine elegante und sehr schöne Frau, während er nur ein Professor in Rente ist. Mit einem dicken Bauch.

Vielleicht kann Marta seine Gedanken lesen, denn sie fragt ihn direkt: »Wann sehen wir uns wegen der Pizza, die du mir versprochen hast?«
Der Professor stottert, sagt so etwas wie: »Morgen.« Gleich danach merkt er, was er gesagt hat, aber es ist zu spät, weil Marta ihn glücklich anlächelt.
»In Ordnung. Ich hole dich morgen ab«, kündigt sie an und geht zurück ins Rathaus.
Giacometti fühlt sich ein bisschen verwirrt, aber dann fällt ihm der schwarze Hund ein, den er an der Leine hat, und geht weiter zur Kaserne.

Bevor er eintritt, muss Giacometti am Tor klingeln.
»Ja, Carabinieri?«
»Guten Tag, ich bin Giacomo Giacometti. Ich muss mit dem Maresciallo sprechen.»
»In Ordnung. Treten Sie ruhig ein.«
Die Carabinieri öffnen das Tor und die Eingangstür und dann muss Giacometti die Treppe hochsteigen. Eins, zwei, drei … sieben, acht, neun, zehn, elf … sechzehn, siebzehn Stufen. 

Giacometti erreicht den ersten Stock außer Atem. Es ist der Bauch, der ihn bremst. Er weiß, dass er abnehmen muss, aber Nudeln, Pizza und Tiramisu sind seine Leidenschaft. Er kann nicht ohne leben, es ist unmöglich.  

Endlich betritt Giacometti die Büroräume der Carabinieri, wo er von einem jungen Mann in Uniform empfangen wird. Giacometti weiß, dass er Marco heißt. Er kommt aus der Toskana und hat einen etwas komischen Akzent.
»Guten Tag, Professor. Hunde dürfen hier nicht rein!«, sagt Marco.
»Ja, aber ich bin gekommen, um das Herrchen des Hundes zu finden. Lassen Sie mich mit dem Maresciallo Esposito sprechen.«
»Der Maresciallo ist beschäftigt.«
»In Ordnung. Ich werde warten.« Der schwarze Hund legt sich auf den Boden, als hätte er verstanden.
Marco scheint verärgert, aber er macht weiter seine Arbeit, als ob Giacometti und der Hund nicht da wären. 

Nach einer Viertelstunde Wartezeit, die Giacometti enorme Geduld kostet, kommt der Maresciallo endlich aus seinem Privatbüro und ruft nach ihm.

Seltsamerweise reagiert der Hund als erster. Er steht schnell auf und geht dem Maresciallo entgegen. Liebevoll hebt der Hund seinen großen Kopf und lehnt ihn auf den Bauch des Mannes, um gestreichelt zu werden.
»Nerone!«, ruft der Maresciallo Esposito. »Was tust du hier?«
Giacometti beginnt zu verstehen. Nerone ist der Hund des Maresciallo.
»Er hat vor meinem Haus in der Sonne gelegen«, erklärt Giacometti.
»Nerone muss weggelaufen sein. Aber wie ist das möglich? Vielleicht habe ich heute Morgen die Tür nicht zugemacht. Ich bin glücklich, dass Sie ihn hierhergebracht haben«, sagt Esposito. 

Giacometti und Esposito sind keine großen Freunde. Sie ertragen sich kaum. Der Maresciallo behauptet, dass Giacometti ihn zu oft mit Kleinigkeiten belästigt, die ihm nur Zeit stehlen und Giacometti ist davon überzeugt, dass ein Carabiniere immer dazu bereit sein sollte zu helfen, auch wenn es sich um Kleinigkeiten handelt. Diese Meinungsverschiedenheit lässt sie oft, sogar sehr oft, aneinandergeraten. In dieser Begebenheit, jedoch, zögert Esposito nicht, Giacometti dankbar die Hand zu reichen. Giacometti hofft, dass sie in Zukunft besser miteinander auskommen werden.
»Nerone ist mein neuer Freund. Ich habe ihn vor ein paar Wochen adoptiert«, erzählt der Maresciallo.
Der Hund bellt, als hätte er jedes Wort verstanden. 

Giacometti ist ein bisschen gerührt, weil er eine derartig nette Geste vom Maresciallo nicht erwartet hätte.
»Es ist wirklich ein schöner Hund«, sagt Giacometti und dann verabschiedet er sich und geht. 

Giacometti geht von der Kaserne aus direkt zur Bar. Er bestellt einen Espresso und setzt sich zu seinen Freunden in die Sonne.
»Also, wo ist der schwarze Hund?«, fragen die Freunde.
»Ich habe das Herrchen gefunden«, antwortet Giacometti.
»Wie ist dir das gelungen?«, wollen sie wissen.
»Meist hat man die Lösung direkt vor der Nase«, erklärt er und benutzt damit seinen Lieblingssatz.

Filippo, der Barista, kommt und bringt ihm seinen Espresso, der einen aromatischen und einladenden Duft hat. Giacometti nimmt die Packung Zucker, reißt sie auf und schüttet den Inhalt in den Espresso, dann rührt er mit dem Löffel um. Er trinkt den ersten Schluck und schließt dann die Augen. Sehr gut!
»Also, Professor, möchtest du mit uns Karten spielen?«, fragen seine Freunde.
Giacometti zuckt mit den Achseln. »Warum nicht?«
Ein Freund, Domenico, mischt die Karten und verteilt sie dann. Aber sobald sie zu spielen beginnen möchten, kommt Marta aus dem Rathaus, um während ihrer Pause etwas an der Bar zu holen.
»Um wie viel Uhr hole ich dich ab?«, fragt Marta, während sie an ihm vorbeigeht.
Giacometti wird rot, würde gerne sein Gesicht verstecken, aber es ist zu spät. Er spürt schon den erheiterten Blick seiner Freude. Und Marta wartet indes auf eine Antwort.
»Um sieben Uhr?«, antwortet Giacometti mit krächzender Stimme.
»In Ordnung, bis morgen!«, sagt Marta und betritt die Bar.
Seine Freunde lachen und stoßen sich mit den Ellenbögen, bevor sie beginnen, ihn aufzuziehen.
»Hat die schöne Marta dich endlich erobert?«, wollen die Freunde wissen.
Giacometti hebt die Arme gen Himmel. »Gebt mir die Karten, los!«
Dann spielen sie und er schlägt sie alle und sehr bald ist die schöne Marta nicht mehr das Hauptthema für seine Freunde. 

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Ein Gedanke zu "Giacometti e il cane (A2/B1)"

  1. Martina Reinhardt sagt:

    So macht das Lernen noch mehr Spaß 🤩

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